Vorrei smentirmi e provare a seguire un principio: il politicamente corretto è out. Non sono una pioniera, certo. In giro leggo tantissime esternazioni in stile flusso di coscienza, senza il filtro del buon senso. E allora parlo anch’io. Perché l’entusiasmo che ho provato nel leggere la recente notizia del referendum irlandese sulla nozze gay, ha portato con sé, immediato, il pungolo dello scoramento per le reazioni di alcuni italiani, quelli che vedono la libertà di espressione a senso unico, cioè, possono esprimersi solo loro. Il concetto è semplice – a volte è proprio questo che lo rende ostico. A chi a un passo avanti – finalmente direi – dell’umanità risponde “bisogna salvaguardare la famiglia tradizionale” io dico “siete dei cretini”. L’omosessualità non è una moda, è una inclinazione naturale, peraltro vecchia quanto il mondo. Il fatto che gli stati riconoscano la loro unione, pretesa legittima, come può mettere in pericolo la famiglia tradizionale? Chi è eterosessuale continuerà a sposarsi con una persona del sesso opposto, statene certi. Nel mulino che vorrei non c’è Antonio Banderas, improbabile pasticciere con una strana inclinazione per le galline. C’è la libertà di essere una minoranza. L’essere umano, nei casi fortunati, è una entità così complessa che potrà capitare a tutti di trovarsi diversi, senza per questo vedere lesi i propri diritti. E lamentarsi del proprio marito mi sembra un diritto inalienabile. C’è un tempo per parlare e un tempo per tacere. Nessun errore è irreparabile, ma è meglio sbagliare tacendo. Le parole, una volta dette, restano proprietà di chi le ha sentite, non ci appartengono più. E allora, dal momento che per me il tempo di tacere è finito, a chi si oppone alla civiltà chiederei di regalarci un po’ di silenzio, e lasciarci godere quest’attimo di libertà.