Volete sapere la cosa che mi stupisce? Lo stupore. Chi di noi ha visto solo ora i rifiuti accumulati sui cigli autostradali? Chi non ha fatto caso alle colonne di fumo nero che si innalzavano quotidianamente in aperta campagna? Io li ho visti. Facevo, anni fa, quella strada dalla periferia sud verso quella a nord di Napoli, dirigendomi quotidianamente verso la discarica a cielo aperto che erano quelle zone. Devo autodenunciarmi, perché non mi sentivo direttamente coinvolta dal problema, e mi sono vestita di indifferenza come hanno fatto in molti. Ho lavorato in quell’azienda per anni, con cumuli di immondizia ad accoglierci al mattino fuori dai cancelli. La lasciavo fuori, quando entravo in ufficio, come il resto dei problemi. “La terra dei fuochi”. Un posto dimenticato da Dio. Ho sempre usato questo modo di dire, ma adesso so cosa significhi. Un posto in cui sono avvelenati il cielo, la terra e gli animi. Distese in mano ad un oligarchia di persone che sono riuscite per decenni a fare il loro comodo, ad arricchirsi sfruttando l’ignoranza delle persone. Perché nelle nostre terre, l’ignoranza è tanta, è arrivato il momento di dirlo fuori dai denti. Ed è la madre di tutti i nostri problemi. Ci si vanta di essere andati alla scuola della vita, che ti insegna a “campare”, ma non è sempre vero. La scuola della vita a volte ti insegna a far finta di non vedere, i libri, invece, gli occhi te li aprono sempre. Ignoranza non è solo non saper coniugare i verbi, è pensare che quello che ci sta intorno non ci riguardi, fin quando possiamo chiuderlo fuori alla porta di casa nostra. Ma quel fumo nero, quel fumo lì si, passa sotto alle porte, non serve a niente chiuderle. E’ molto romantico pensare di appartenere alla propria terra, sentire salde le proprie radici. A volte però, continuare ad ostentare orgoglio è sintomo di una cecità pericolosa, forse quella che ci ha portato dove siamo oggi. Io mi vergogno. Le mie radici affondano in una terra avvelenata da un fumo nero che ho lasciato innalzarsi per anni a coprire le stelle. Napoli, e tutte le zone che la circondano, potrebbero essere incantevoli posti tra terra e mare. Ricchi di tesori e sapori unici. Ma non lo sono. Sono invivibili. Continuare a negarlo guardando il mare, significa continuare ad essere complici dello scempio. C’è chi si è svegliato ed ha aperto le sue porte, Dio lo benedica. E questo è un passo avanti. Perché i fuochi di questa terra tornino ad essere quelli della cultura, della solidarietà, della meraviglia della natura. Leviamo un grido che arrivi a chi può e soprattutto vuole sentire. Da chi non ha più voce per gridare, ma neanche forza per tacere. Siamo qui. Sotto questo fumo nero, e abbiamo bisogno di tornare a vedere le stelle.