Passo molto tempo a guardare quel programma che mi dà ragguagli sugli accessi al blog. Da dove vengono le visite, cosa guardano, quanto tempo restano sulla pagina. Mi sento come una spiona, lì, dietro il mio schermo, a vedere cosa cerca la gente, a immaginarla, come me, dietro il computer, mentre le nostre vite si incrociano senza che ce ne accorgiamo. Ma, questa mattina, è spuntato un utente da Parigi. Era lì, un punto arancione, lontanissimo da me, anche su una mappa interattiva. Mi sono attardata a immaginarlo per diversi minuti. Certo, uno che abita a Parigi non lo immagino dietro al computer come ci sto io. Con una pinza orripilante in testa, le pantofole, e una faccia da riesumazione. Un parigino, mentre lo immagini, ti risucchia nella sua atmosfera. Con il suo charme e il suo schermo di fronte a una finestra, piccola, su un tetto. Una graziosa scrivania di legno intagliato e le pareti celeste chiaro. La tappezzeria a fiori. Di fronte, fuori dalla finestra, i fregi di un palazzo antico. E quell’aria, di un grigio avvolgente e sereno. Il punto arancione è sparito, ma io sono rimasta là, a Parigi. Immersa nella moltitudine di persone, con le mie pantofole e la mia pinza nera. Quest’immagine mi riporta brutalmente alla realtà. Sembra assurdo, ma ogni volta che spuntano i punti arancioni sul mio schermo, io mi chiedo cosa pensano. Alla fine è come se guardassi la vita degli altri dalla finestra di fronte. E ne carpissi solo gli attimi inclusi in quello squarcio nel muro. Giusto un pensiero su come la tecnologia sia qualcosa che veramente non si poteva arrivare neanche a immaginare, prima che esistesse (tranne ovviamente chi ha inventato internet). Ma, alla fine dei conti, se si riesce a restare sempre con i piedi per terra anche questo schermo è una finestra. Ogni punto arancione è una persona, ogni persona è una storia, e io ne posso immaginare tante (anche perché il mio vero dirimpettaio ha un salotto da casa degli orrori, e non mi ispira niente di piacevole). E nel mio caso, ognuno è ciò che mangia, per fare una citazione filosofica. A questo pensiero non c’è una morale. Volevo solo condividere con voi il flusso di coscienza di un noioso venerdì mattina. Se mi state leggendo, io vi vedo (eheh). E immagino il mondo che si cela dietro lo schermo di un computer. Quello che c’è dietro il mio ve l’ho detto, resta veramente poco all’immaginazione. A tutti i miei amatissimi punti arancioni io dico che quando leggete le parole di una persona, in questo caso io, si diventa dei virtuali dirimpettai. In mezzo c’è uno schermo, una finestra su un mondo che non ha più confini. E io sono qui dietro, a fantasticare su questa o su quella storia. Volevo dirvi solo questo, che sono qui. Ogni tanto mi assento qualche secondo per andare a Parigi, ma torno subito, perché il più delle volte ho le pantofole ai piedi.