La fiducia. La fede. Valore o anestetico nella vita quotidiana? In se stessi, negli altri o in Dio, è lo stesso tipo di incondizionato e a tratti pericoloso abbandono. Cosa sentiamo, in un momento della nostra vita in cui ci chiediamo profondamente cosa stia succedendo ed il suo senso, quando alziamo gli occhi al cielo, istintivamente, come a cercare qualcosa, o qualcuno, in cui trovare la forza di continuare? O ancora, cosa sentiamo quando una voce amica ci dice “non preoccuparti, andrà tutto bene”?. Un abbandono inspiegabile dei muscoli di tutto il corpo. Un fiotto di lacrime affiorare agli occhi, la liberazione da un peso che ci portavamo dietro. E in quel momento Dio, la persona amata, o l’immagine rassicurante di te stesso riflessa nello specchio sono la stessa cosa. “Cosa sarà di me, dei miei progetti, delle mie passioni. Cosa sarà di me dopo questa burrasca?” “Andrà tutto bene”. Cosa costa dirlo. E accettarlo come un fatto al momento, perché è la cosa che ci serve, costa ancora meno. Ma a ben vedere, magari Dio, giustamente, è in tutt’altre faccende affaccendato, e le persone che amiamo, in realtà non possono essere certe di quel che accadrà domani. Quando ci riscuotiamo dal torpore di promesse fatte nel momento in cui ne abbiamo bisogno, dunque, dove trovare la forza di credere? C’è bisogno di un altro po’ di anestetico, di un altro “andrà tutto bene”. Se ci pensiamo razionalmente, mi ripeto, le persone care non possono sapere se andrà tutto bene, e non lo può sapere neanche Dio, per questo maledettissimo libero arbitrio che alcune volte sembra avere più contro che pro. Ma c’è qualcuno che può saperlo. Noi stessi. Sappiamo fino a che punto siamo disposti ad arrivare per risollevarci da una situazione, per arrivare a qualcosa, per sopportare l’attesa. E alziamo gli occhi al cielo, alle volte, o ci rifugiamo in quelli di una persona di cui ci fidiamo, abbandonando la vergogna delle nostre insicurezze, per un solo fugace sguardo, carico di speranza, quella che a volte, fai fatica a trovare da solo.
E allora questo è il punto. Se Lui è troppo, giustamente impegnato, ci sono gli angeli che ha mandato sulla nostra strada. Se qualcuno crede in noi, è più facile credere a se stessi. E forse quando ti dicono “andrà tutto bene”, non è una promessa superficiale. Andrà tutto bene perché ci sarà una mano che ti risolleva. E in questo non si può non sperare. Se ci si vergogna di ammettere che si ha bisogno di una parola detta con amore, la prospettiva sarà sempre così nera da non permettere di vedere la nostra immagine riflessa allo specchio.
La solitudine vera è avere tante facce a cui sorridere e nessuno sguardo dentro il quale rifugiarci.
E allora ti tornano in mente le canzoni della tua adolescenza: o Te o chi per Te avete un attimo per me? (Ci vuole sempre un sottofondo musicale, soprattutto nei momenti di sconforto). Non sono una gran praticante, né un’esperta in materia religiosa, ma prego spesso. Per gli altri ovvio, farlo per se stessi da una sorta di senso di colpa atavico ed inspiegabile. Una preghiera per noi stessi possiamo concedercela.
Trovare un angelo che capisca che ci serve un “andrà tutto bene”, proprio quando abbiamo occhi per vedere e orecchie per sentire null’altro che questo.