Quando ero al liceo passavo dei pomeriggi meravigliosi. In compagnia delle mie amiche ci riunivamo a casa di una di loro, quella la cui mamma lavorava tutto il giorno. Bevevamo caffè e fumavamo indisturbate, alle volte facevamo delle pause studio, ma solo quando ci sentivamo molto noiose. Giocavamo a fare le donne. Spesso la sera ci fermavamo tutte a dormire lì, e in previsione di una tale serata di spasso, anche il pomeriggio assumeva un altro gusto. Quando tornava dal lavoro, la madre della mia amica ci leggeva le carte. Era bravissima. Arrivavamo alle cinque del mattino, noncuranti delle interrogazioni del giorno dopo, fantasticando sul nostro futuro, scrutando quelle carte e quanto avevano in serbo per noi. Lì, ferma in quel tempo della mia memoria, in cui non avevamo paura di niente.
La paura. Purtroppo cresce esponenzialmente con l’andare avanti degli anni. Non come la saggezza. Quella purtroppo va più lenta. Anzi alcune volte, non arriva mai.
Se dovessi farmi leggere le carte ora, non penso che ce la farei.
Che tipo di sentimento è, la paura? Non riesco sempre a classificarla. Alcune volte ti evita di compiere sciocchezze, altre volte ti blocca, e non ti fa andare avanti. So solo una cosa. Ci aiuta a definire incoscienza a coraggio, che sono due cose ben diverse. Chi ha paura di tutto è anche il più coraggioso, se riesce ad andare avanti nonostante le avversità che vede. C’è chi ha paura dei ragni, chi di volare. Io ho paura dei pullman, quelli turistici, di sedere con le spalle al vuoto, di mettermi veramente in gioco. Vivere con l’alibi di aver fallito perché non ci si è impegnati, è più facile. O no? Tutti abbiamo le nostre paure. Borsellino diceva: “Chi ha paura muore ogni giorno.” Ecco, io faccio parte di quelli, però rinasco ogni mattina. Come fare a combattere quella sensazione di disagio, paragonabile a quello che si prova a vedere un vestito nero inondato dal sole caldo di un mattino di primavera? Non lo so. Beata incoscienza, non ti fa vedere a un palmo.
Comunque, mi ricordo così bene quando mi sentivo invincibile, che il solo pensiero mi aiuta ad affrontare il futuro, e tutti i mostri che vi sono nascosti.
Le serate fumose, la luce soffusa e tutto quello che potevamo diventare. Ma non mi manca, perché in quel momento, non me ne rendevo conto. Ho vissuto quei bellissimi giorni con la cieca cognizione del presente. E va bene così. Il senno di poi serve a costruire il nostro meraviglioso bagaglio di ricordi dorati.
Adesso che uso le carte per giocare a Burraco e ho paura di bere troppo caffè, almeno vado a dormire tranquilla. Domani non ho nessuna interrogazione.