Nei traumatici strascichi del cambio di stagione, mi sono data a riordinare anche i mobili della cucina. È stata un’esperienza davvero toccante, certo. Non si ha idea di quanta roba si possa accumulare se la si perde di vista un attimo. Se non fosse per quella legge che dice che nulla si crea e nulla si distrugge (pare sia una delle basi), sospetterei che con il passare del tempo gli oggetti si generino da soli per affollare i cassetti. Peraltro, mi sono resa conto che riordinare è una perfetta metafora della vita. A un tratto si sente il bisogno di uscire dal caos e cibarsi mestamente dell’illusione di tenere tutto sotto controllo, diviso in cassetti e pensili e scaffali, con un criterio stringente che accomuni tra loro cose diverse e le ingabbi in compartimenti stagni. Apri un cassetto e ci trovi una Babele di roba. Pane, elastici, un tubetto di colla (?), e decidi di dividerla in mobili diversi, il cassetto “pane”, il cassetto “elastici” e altri aggeggi per chiudere le buste, il cassetto “utensili”, il mobile “pentole”. Ma, sempre per quella famosa legge, ti rendi conto che l’entropia che c’era in un cassetto non puoi eliminarla. Puoi solo spostarla. Sistemare quello, e poi, o crei un cassetto “?”, in cui per forza di cose regna un’entropia che sfugge al tuo controllo, o butti tutto nella spazzatura, dove del tuo caos si farà carico qualcuno d’altro. Io? Non ho mai voluto tenere tutto sotto controllo, e quindi ho creato un cassetto “?”. Semmai dovessi avere bisogno di colla, chiavi per stringere i bulloni, punti di merendine che non sono più in commercio o qualche pila scarica (sì era tutto in cucina), so che in qualche dove in casa mia c’è un posto in cui nessun giudizio è concesso. È in un cassetto che sfugge al controllo. Quello dei sogni.