Questa frase era scritta come un monito, su una targa di fronte al lettino della mia prima estetista. E sebbene in quei momenti fossi piuttosto occupata a maledire l’istante in cui i miei cromosomi si sono uniti a creare una donna, schiava eterna della maledetta ceretta, in qualche piccolo spazio del mio cervello, è rimasta impressa quella massima, aforisma direi, perché soggetta alle più varie interpretazioni, senza che se ne possa affermare o smentire la veridicità.
Ed invece, nel significato proprio di questa affermazione, risiede il mistero della nostra esistenza su questo pianeta. Rassicurante. Solo che nessuno sa quale sia.
Vi sembrerò insopportabile, ma purtroppo ho una mia idea anche su questo.
A volte mi rendo conto che Bergson aveva ragione. Il presente non esiste. Buffo. Per rubare parole famose, non è atro che una entità piccolissima, centro di un intorno, sinistro passato, destro futuro. Un limite, una parte infinitesima, mentre scrivo, ogni parola già appartiene al passato, è allucinante. Ho sempre amato la filosofia. Ma non divaghiamo.
Ci rendiamo conto dunque che per una logica stringente o viviamo nel passato, nei ricordi, o pensiamo al futuro a quello che ci aspetta. Domani, tra un mese, tra un anno. Siamo in ufficio, e pensiamo alla cena. Siamo a cena e pensiamo al pranzo. E così via. E’ giusto tutto questo? Che l’attesa, l’aspettativa di qualcosa, vicina o lontana, debba essere il traino della nostra esistenza? Debba impedirci costantemente di renderci conto di quello che ci succede? Queste domande le sto ponendo prima di tutto a me. Qui, davanti a questo computer. Ovvio che non ho le risposte. Altrimenti non ero qui, ma al Cern a studiare l’antimateria, non la prendete a male.
Tuttavia, facciamo ancora uno sforzo. Lo faccio, e penso quanto sia meraviglioso, in questo preciso istante, e quello dopo e quello dopo ancora, stare qui a filosofeggiare con voi. Mi sto godendo il momento. Ed in barba a chi dice che è già passato, facciamo così, non mi importa di quello che succederà dopo. Tra un istante, tra un mese o tra un anno.
E’ bello aspettare qualcosa, seminare per raccogliere i frutti, ma è ancora più sensato godersi il cammino, apprezzare tutto ciò che ci succede mentre questo ‘qualcosa sta arrivando’. Allora tutto ciò che posso dire su quella frase è che ‘ben attendere’, significa non fare dell’attesa il significato della propria vita. Vivere i momenti, perché sono unici. Gioire di ogni giornata, e soffrire per ogni ceretta.
E a questo proposito, ricettina finger food. Non pensiamo alla ciccia di domani, ma a quello che gusterete stasera….. CRESCENTINE