Come il buon vecchio Baccini diceva, le donne di Napoli, ma che bella invenzione, riescono a ridere, anche sotto l’alluvione….
E di alluvione di bombe si trattava, quando il popolo Napoletano, ha dimostrato ancora una volta la profonda conoscenza dell’arte di arrangiarsi, inventando la Pizza Fritta. Nell’immediato dopoguerra del secondo conflitto mondiale, come diciamo noi, non c’erano “neanche gli occhi per piangere”. La mozzarella era un miraggio, e la legna per il forno costava troppo. Ed ecco la sorella povera della pizza. Un po’ di impasto da consegnare fumante agli affamati passanti. Ora la pizza fritta (o calzone, quando è ripieno, qui a Napoli è la stessa cosa!) è imbottita di ogni ben di Dio, ma ogni volta che sentiamo il profumo pungente di quell’olio che sfrigola, ci torna alla mente la bellissima Sofia che strilla in mezzo alla strada.
Dorata, sottile, senza mollica, tutta aria e tanta allegria. Si consumava “a otto”. Si pagava cioè dopo otto giorni. E per le strade di Napoli, quell’odore c’è ancora, è rimasto impresso nelle mura antiche di una città che vive di ricordi.
Secondo me, alcune cose devono evolversi, altre dovrebbero restare come quando erano al massimo del loro splendore. E la pizza lo era, quando bastava il suo profumo per aggiustare una giornata tra le macerie lasciate dalla follia umana.
Quelle macerie adesso, il più delle volte sono di immondizia e forse erano meglio le bombe. Preoccupiamoci di questo e conserviamo come un tesoro la nostra vera essenza.
E in questa città che va a rotoli, è inutile nasconderlo, c’è ancora un cuore pulsante di olio caldo, il nostro oro. Qualche uomo che sa trattare con maestria l’impasto e le donne. Senza fronzoli, senza chiacchiere inutili e senza stelle. E’ tutto quello che abbiamo e lasciamolo così. Tanto, a pagare, ci penseremo tra otto giorni.